


L’associazione Prosochè è una APS nata per la promozione e diffusione della pratica filosofica.
La consulenza filosofica in sintesi
La consulenza filosofica nasce in Germania ad opera del filosofo Gerd Achenbach agli inizi degli anni 801. Essa si delinea fin dalle origini come pratica filosofica, cioè come dialogo aperto tra consulente e consultante finalizzato al benessere esistenziale e alla serenità dei partecipanti. Lo scopo è liberare il pensiero e far emergere la visione del mondo del consultante, il quale è aiutato dal consulente a ristrutturare le sue idee al fine di migliorare il rapporto con gli altri, con il mondo e con se stesso. Il consulente può fare riferimento alle teorie e ai concetti filosofici, ma non necessariamente; non si tratta di spiegare la filosofia ma di fare filosofia. A prescindere dal grado di conoscenza della disciplina da parte del consultante, la pratica si configura come filosofica nella misura in cui si profila la sua natura razionale. Tutti gli uomini, in quanto razionali, possono fare filosofia, anche se non hanno mai studiato la materia. Il consulente deve essere in grado di favorire una sorta di maieutica del dialogo razionale andando al di là della terminologia e del rigore concettuale puntando l’attenzione sulla fluidità del pensiero, sul percorso di ricerca e di crescita. La pratica filosofica si basa sull’ascolto e sul dialogo, non sulle competenze scientifiche, anche se il consulente conosce la disciplina. Lou Marinoff sottolinea l’importanza dell’ascolto che supera quella delle competenze strettamente disciplinari: “a fare un buon consulente non è la competenza; questa non è neppure necessaria. Ben più importante è la capacità di prestare ascolto, di empatizzare, di comprendere ciò che l’altra persona sta dicendo, di offrire un nuovo modo di considerarla e di porgere soluzioni e speranze”2.
L’obiettivo è quello della consapevolezza, della presenza a sé, della felicità. È chiaro, quindi, che si presenta una diversa immagine del filosofo, non più pensato come l’intellettuale chiuso nella sua torre d’avorio, isolato dalla società, preso dal suo orgoglio aristocratico che lo fa sentire diverso e non assimilabile agli schemi sociali. L’idea di filosofo alla quale fa riferimento la consulenza filosofica è quella di Thoreau: “Essere un filosofo non significa semplicemente avere raffinati pensieri, e neppure fondare una scuola… Consiste nel risolvere alcuni dei problemi della vita, non in teoria ma in pratica”3. I problemi posti dalla filosofia sono i problemi dell’uomo in quanto tale. Non deve dunque stupire il fatto che tutti possono fare filosofia in quanto animali razionali. Le risposte alle domande proprie dell’umano non sono facili e non è giusto l’approccio alla filosofia che pretende risposte definitive. La filosofia pone domande, fa insorgere dubbi, ma non dà risposte definitive; non perché non abbia gli strumenti ma perché una filosofia che desse risposte definitive tradirebbe la sua essenza: la filosofia è senso critico, libertà di pensiero. Quello che può fare non è quindi dare risposte, ma sollecitare a porsi le domande e cercare la propria strada per interpretare la realtà. L’interpretazione della realtà condiziona enormemente la vita delle persone; è importante quindi che ognuno di noi elabori una propria prospettiva che lo guidi nel suo percorso di vita. Come ci ricorda lo psicologo statunitense Martin Seligman “i nostri pensieri non sono solo semplici reazioni agli eventi. Essi cambiano il corso degli eventi”. Sembra di leggere Marco Aurelio: “la felicità della vita dipende dalla qualità dei pensieri”.
Il buon filosofo non pretende di essere seguito, ma spinge gli altri a crearsi il proprio percorso. È proprio questo lo spirito che anima il consulente filosofico: stimolare, favorire, aiutare, rinunciando al rigore terminologico e concettuale per approdare ad una scienza filosofica essenzialmente pratica. Come ci ricorda Lou Marinoff: “ Se filosofia e pratica sono due parole che difficilmente si accordano nella mente di moltissime persone, la filosofia ha però sempre fornito strumenti da usare nella vita di ogni giorno. Quando Socrate trascorreva le giornate discutendo di grandi problemi sulla piazza del mercato e Lao Tzu registrava i suoi consigli sul modo di seguire la strada del successo evitando il male, volevano che queste loro idee trovassero impiego pratico. La filosofia in origine era un modo di vivere, non già una disciplina accademica: un argomento non solo da studiare ma anche di applicazione pratica. Soltanto da un centinaio di anni a questa parte la filosofia è stata completamente confinata in un settore esoterico della torre d’avorio, pieno di teoremi ma vuoto di applicazioni pratiche”4. Lo stesso Pierre Hadot ci ricorda che nell’antichità filosofia era soprattutto un stile di vita; il filosofo era filosofo in tutto e per tutto, ventiquattro ore al giorno. La filosofia era prima di tutto pratica filosofica.
È importante sottolineare che la consulenza filosofica non ha un approccio terapeutico o, per lo meno, non necessariamente. A differenza della psicoterapia, essa non parte da un disagio, un problema, ma dal semplice desiderio di confrontarsi, di aprirsi al dialogo in maniera disinteressata, libera e autentica. Questo non esclude che la pratica filosofica possa essere terapeutica; spesso lo è, rivelandosi molto utile nelle situazioni di disagio esistenziale e depressione. Il punto di partenza non è però terapeutico. Il benessere esistenziale emerge spontaneamente ma non è una linea guida euristica; questo perché l’impostazione terapeutica sminuirebbe l’autenticità dell’approccio disinteressato e totalmente libero che deve avere ogni tipo di percorso filosofico.
Durante il laboratorio di pratica filosofica i partecipanti lasciano fluire la loro energia incrociando i flussi. Il ragionamento, la riflessione, il confronto si strutturano come percorsi di crescita, di consapevolezza e di serenità. Il consulente stesso è un partecipante, anch’egli si mette in gioco ed entra a pieno titolo nel sistema energetico che si viene a creare durante il laboratorio.
La consulenza filosofica può strutturarsi come laboratorio di gruppo oppure come seduta individuale; pur essendo situazioni molto diverse, entrambe portano alla liberazione del pensiero e allo scambio di energia. Nel laboratorio di gruppo si creano notevoli occasioni di confronto, facendo emergere la ricchezza propria delle relazioni sociali autentiche. Anche se di durata esigua (da un’ora ad un’ora e mezza) le relazioni che nascono all’interno del laboratorio sono caratterizzate da una certa intimità. Nel gruppo nasce molto spesso una sintonia che lega i partecipanti in un contatto umano profondo e significativo. È proprio per l’atmosfera di intimità che si sviluppa che il consulente, all’inizio, chiede ai partecipanti di fare una sorta di patto nel quale ci si impegna a rispettare gli altri membri del gruppo, consulente compreso, mantenendo assoluto riserbo su tutto ciò che emergerà durante il confronto. Questo permette a ciascun partecipante di sentirsi libero di esprimere opinioni, condividere ricordi, esternare emozioni senza il timore di essere giudicato. Assenza di giudizio, riservatezza e soprattutto rispetto sono le parole d’ordine di ogni laboratorio di pratica filosofica.
Nella seduta individuale la liberazione degli aspetti intimi risulta ancora più facile poiché la relazione a due favorisce l’apertura del pensiero in quanto il consulente struttura il percorso conformandosi alle esigenze speculative o emotive del consultante; si evita in questo il problema di fronteggiare la complessità dei punti di vista e delle opinioni che emergono nella situazione laboratoriale, risparmiando al consulente lo sforzo di trovare la sintesi tra le diverse posizioni e di favorire l’incontro tra i diversi punti di vista.
1Cfr. Gerd Achenbach, La consulenza filosofica. La filosofia come opportunità di vita, Feltrinelli, Milano 2009.
2Lou Marinoff, Platone è meglio del Prozac, Mondadori, Milano 2018, p. 54.
3Citato in Lou Marinoff, cit., p. 11.
4Lou Marinoff, cit.